Il metodo di Sifu Pompianu per la preparazione alla difesa personale da strada, con l’uso del Wing Chun


Il metodo di Sifu Pompianu per la preparazione alla difesa personale da strada, con l’uso del Wing Chun

Se si vuole imparare a difendersi bisogna allenarsi in modo adeguato, e non sprecare tempo in ricerche: meglio saper padroneggiare poche tecniche ma efficaci, che esibirne di numerose, ma apprese solo in maniera mnemonica.

Il Wing Chun, infatti, mira al’assimilazione di principi semplici come, la sensibilità, la linea centrale, la cedevolezza e l’aggressività. In questo modo il praticante di Wing Chun impara a reagire senza l’utilizzo del pensiero razionale. Questo aspetto diventa particolarmente importante nel momento del’aggressione, poiché le emozioni influenzano la reazione fisica. Per prepararsi a una vera difesa da strada bisogna innanzitutto allenare la mente e sopportare lo stress causato da un'aggressione subita al’improvviso, da sconosciuti armati e pronti a tutto.

Ecco perché il Wing Chun si presta perfettamente alla soddisfazione di queste esigenze.

Più importante del’arte in sè, però, è il metodo usato dal maestro a fare la differenza, ad esempio: tante persone si applicano solo nello studio delle forme, questo sicuramente è corretto per la comprensione del sistema, per capirne la struttura, l’utilizzo separato dei due emisferi del cervello e tanti altri aspetti di aspetti di massima importanza, ma non per il combattimento. Nessuno, infatti, può combattere in questo modo! Altri diventano dei veri esperti in Chi Sao, pensando che questo basti ad essere efficaci nel combattimento. La Chi Sao è solo un esercizio per migliorare i nostri riflessi e agire senza il pensiero nella corta distanza.

Anche un vero esperto di Chi Sao può soccombere al confronto con un praticante di arti differenti, come pugilato, thai boxe, o addirittura con una persona totalmente inesperta, e che di certo non conosce la Chi Sao. Durante lo scontro fisico un pugno rimane sempre un semplice pugno, perciò fa sempre male. Per la difesa personale anche nella mia scuola si dà valore al’apprendimento delle basi, dei fondamentali, della correzione pignola delle forme, e a tutti gli esercizi per la sensibilità, ma non mi limito solo al’insegnamento tradizionale. Pratico anche molti esercizi per il potenziamento muscolare, la velocità, le uscite, insegno a calciare in ogni maniera, a vuoto, contro sacchi di ogni genere, con cavigliere, al manichino e al sacco da boxe.

Si lavora molto con i colpitori per allenare i movimenti base (tan da, kan da ecc…), per poi passare a combinazioni sempre più articolate e in movimento; mano mano che l’allievo cresce, si aggiunge quindi un grado di difficoltà.

E’ utile anche alternare esercizi sotto stress come lavoro fisico stremante , (tirare 3000 pugni, sezioni di addominali, flessioni sui pugni e sulle dita), per poi nel momento di massima stanchezza passare a esercizi di reazione come lo sparring, o venire attaccati al’improvviso, cercando di utilizzare tecniche pulite del sistema Wing Chun. Questo fa da test per vedere se i nostri esercizi di Tan Sao, Pak Sao ecc… e Chi Sao funzionano, e se stiamo facendo un buon lavoro su di essi.

Altro elemento per me importante è non limitarsi mai solo ai pugni, la mia scuola punta moltissimo alla neutralizzazione del’avversario anche con palmate, gomitate e ginocchiate, ma soprattutto al’intercettazione del pugno con rotture e leve, Se il Wing Chun si basa sul concetto di finire il combattimento nel minor tempo possibile, allora penso che il miglior modo per farlo è l’istantanea rottura degli arti, in modo da non rischiare neanche la reazione al’aggressione, un pugno reca sicuramente meno danni di arto rotto. La cosa migliore è mettere l’altro nella condizione di non reagire. Questa è una caratteristica del mio sistema, infatti, insegno fin dai primi giorni l’utilizzo delle leve articolari con lo scopo di rompere. Questo tipo di allenamento aiuta anche a sensibilizzare il corpo, molto di più della sola esecuzione di pugni a catena. I pugni a catena sono concepibili alla fine dello scontro, infatti per una donna o un uomo di stazza normale, che devono affrontare una persona di mole superiore, è meglio l’uso di una tecnica di rottura definitiva (gomito o ginocchio) piuttosto che dieci pugni a catena, rischiando anche la frattura della mano stessa, se non si è condizionati. Al di sopra di ogni tecnica e discorso c’è un’unica cosa da capire, come preparare la mente ad una situazione altamente stressante e rischiosa per la propria o altrui incolumità.

Con i miei allievi mi piace utilizzare una metafora: la nostra mente è come un generale d’arma, che ha il compito di pensare alla strategia di combattimento; il nostro cuore è come un comandante di un esercito, che dà l’ordine ai nostri arti, ovvero i soldati. Se il generale è in preda alle emozioni sicuramente non riuscirà a pensare alla migliore strategia, a sua volta l’ordine del comandante ai soldati sarà confuso e non adeguato. Di conseguenza i soldati non riusciranno a mettere in pratica anni e anni di esperienza.

La palestra è un luogo protetto, la nostra mente è calma e ha tempo e lucidità per pensare a cosa fare, per questo credo che allenare il combattimento non sia solo praticare sparring e addestrare la parte fisica del corpo, ma anche la mente. L’allenamento in palestra serve non solo a simulare la situazione fisica di scontro, ma anche quella emotiva che è poi la parte di noi stessi che influenza maggiormente la buona riuscita dello scontro. La paura è un’emozione improvvisa, molte volte accompagnata da shock, che in ogni caso è difficile da domare. Solo una mente abituata a subire questo shock riesce a non farsi immobilizzare nel momento del contatto fisico. Bisogna sempre ricordare che la forza del’aggressore non è tanto la potenza fisica o muscolare, ma la dominazione del momento (perché deciso da lui), e l’attitudine mentale alla violenza, in sostanza il sangue freddo. Di fronte alla cattiveria anche la preparazione di anni può sparire, ecco per che ci vuole un vero maestro che abbia esperienza nel combattimento reale e sappia dare a ognuno la strada giusta da seguire con metodologie di allenamento adeguate al controllo di queste emozioni. Al giorno d’oggi tutti diventano maestri di difesa personale, mostrando migliaia di tecniche ma senza insegnare come esprimersi senza il pensiero, e agire a mente fredda.

Io, Sifu Pompianu, che non sono un Gran Maestro, continuerò a vita la mia ricerca in primis per migliorare me stesso e quindi per trasmettere la mia esperienza ai miei allievi, cercando di minimizzare al massimo i miei sbagli nel’insegnamento, e se sbaglierò (come può sempre succedere), che i miei allievi mi perdonino.